Se ci concentriamo con la mente in un punto fermo e meditiamo su quel punto, restandoci focalizzati per lungo tempo, accade che la mente, prima confinata dentro certi limiti improvvisamente si espande e noi entriamo in quello strano stato di preghiera che si chiama contemplazione.
Una dimensione silenziosa di presenza-assenza in cui si soddisfa il nostro stato di quiete ed è lì, anche se per breve tempo, che noi possiamo sperimentare il soffio della pace interiore.
Possiamo raggiungere questa dimensione in molti modi, anche con l’ausilio delle pietre e i cristalli, creature silenti e spettatrici degli accadimenti terreni, che da sempre ci guardano invitandoci a scoprire chi e cosa davvero siamo.
Quando concentrandoci le impiliamo l’una sull’altra in silenzio, con pazienza e senza l’aiuto di mezzi di supporto avviene il miracolo, noi percepiamo la nostra innata unità e sinergia con il creato e sentiamo la nostra vera natura di materia e Spirito. In quell’atto di impilarle infatti, noi creiamo un equilibrio e lo facciamo intuitivamente, gli occhi fisici e la visione interiore dell’Anima si fondono in un unico sguardo. Avvertiamo che è all’opera anche l’Anima.
Il significato letterale di Zen è “visione”, di Stone è “pietra” e l’arte di impilare le pietre ci conduce a varcare la soglia della contemplazione dove tutto in noi diviene magicamente in equilibrio.
Noi esseri umani abbiamo l’attitudine di costruire con le pietre fin dall’antichità e quando costruiamo con le pietre, il nostro sguardo diviene di bellezza, stupore, soddisfazione. Uno sguardo di fede. Chissà perché!
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